“il fatto che la previsione contrattuale nella prima parte vietasse il recesso immotivato e poi nella seconda parte si parlasse di unica eccezione, induce a ritenere, secondo un’esegesi del contratto conforme all’art. 1362 e all’art. 1366 c.c. (nonché al principio di interpretazione conservativa di cui all’art. 1367 c.c.), che, essendo vietato espressamente un recesso immotivato – il cui divieto è oggetto di previsione implicita nell’art. 3, comma 6, là dove esso consente solo il recesso per gravi motivi -, necessariamente la manifestazione di recesso dovesse, una volta ricevuta dalla locatrice, essere intesa come effettuata ai sensi della seconda parte della clausola contrattuale, dato che il contratto la prevedeva come unica eccezione. Ne consegue, che, ancorché debba ritenersi che il recesso ex art. 3, comma 6 – come già quello L. n. 392 del 1978, ex art. 4, comma 2, – fosse da esercitare con indicazione del grave motivo, il recesso fosse legittimo, e ciò in quanto il divieto generale di recesso con la previsione della sola eccezione (legittima o meno che fosse) implica che una manifestazione di recesso pur non motivata dovesse necessariamente intendersi come ricadente nell’eccezione in quanto intervenuta prima del periodo per cui si escludeva il recesso”.
La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 24176 dell’8 agosto 2023, si è pronunciata sulla validità del recesso comunicato dal conduttore, il quale si era avvalso di una clausola che prevede l’acquisto di una casa come motivo di recesso anticipato dal contratto.
La questione tra origine da un contratto di locazione all’interno del quale le parti avevano previsto la seguente clausola: “È in facoltà del conduttore recedere dal presente, a partire dal compimento del quarto anno, con un preavviso di almeno sei mesi e cioè potrà dare disdetta dal compimento del quarantaduesimo mese di locazione e lasciare i luoghi a partire dal quarantottesimo mese, quindi al compimento del quarto anno. Unica eccezione al punto è la possibilità di recesso, con preavviso di sei mesi, nel momento in cui il conduttore dovesse acquisire un’abitazione a […omissis…]”.
Tale previsione contrattuale, secondo i giudici di legittimità, pone due ordini di questioni. Nello specifico si tratta di capire: 1) se in presenza di tale clausola, che prevede una facoltà di recesso esercitabile per un motivo ben determinato, sussista l’obbligo del conduttore di riportarsi espressamente, nella comunicazione di recesso, a tale motivo; 2) se il preavviso di sei mesi fa necessario riferimento all’avvenuto acquisto dell’abitazione.
Sia il Tribunale, che la Corte d’Appello, addivenivano alla medesima conclusione, relativamente alla portata applicativa della clausola in commento “non richiede, ai fini della validità del recesso (…) l’obbligo per il conduttore di indicazione specifica del motivo di recesso anticipato”; dal tenore della clausola “emerge chiaramente che il preavviso di sei mesi fa riferimento all’intenzione del conduttore di acquistare un’abitazione”.
La Corte di Cassazione ha rilevato che la prima parte della clausola fosse illegittima, in quanto tesa ad escludere, per i primi quattro anni, il recesso per gravi motivi a norma dell’articolo 3 comma 6 L. 431/1998. Difatti, unicamente la parte che comprendeva un recesso non assistito da gravi motivi poteva essere considerata legittima.
La seconda parte della clausola, invece, “si risolve in una sostanziale previsione convenzionale di recesso per un grave motivo” e dunque si limita a ripetere “la previsione di una fattispecie di recesso che sarebbe stata giustificabile alla stregua del citato art. 3, comma 6”.
Se, dunque, è convenzionalmente vietato il recesso immotivato allora una manifestazione di recesso priva di motivazione esplicita deve necessariamente essere intesa – nel rispetto dei principi di interpretazione del contratto di cui agli artt. 1362,1366 e 1367 c.c. – come effettuata ai sensi della seconda parte della clausola contrattuale, ovvero come motivata dall’acquisto di un’abitazione da parte del conduttore, dato che il contratto prevedeva tale fattispecie come “unica eccezione”.
Per tale motivo deve ritenersi che il recesso ex articolo 3 comma 6 L. 431/1998 – come già quello ex articolo 4 comma 2 L. 392/1978 – fosse da esercitare con indicazione del grave motivo.
La Cassazione conclude per la legittimità del recesso.
La Corte in relazione all’ultima tesi sostenuta dalla Locatrice, in forza della quale il preavviso di sei mesi per il recesso potesse decorrere solo dal momento dell’acquisto della nuova abitazione, mostra di essere di diverso avviso “perché l’esegesi della clausola trasformerebbe l’esercizio del recesso, comunque consentito con norma imperativa, in un negozio sottoposto al verificarsi di una condizione, appunto l’acquisto”. Prosegue la Corte: “Senonché, la formulazione letterale – là dove prima prevede il recesso con preavviso di sei mesi, e poi afferma che la relativa possibilità si configura ‘nel momento in cui il conduttore dovesse acquistare un’abitazione a […omissis…] si presta ad essere intesa, atteso l’uso del congiuntivo, come se sottintendesse appunto una situazione di acquisto da verificarsi entro il semestre di preavviso, circostanza che si è verificata”.
La pronuncia in commento ha il pregio de delimitare l’ambito di operatività dell’articolo 3 comma 6 L. 431/1998 – come già quello ex articolo 4 comma 2 L. 392/1978 statuendo che ogni previsione contrattuale volta all’elusione dell’indicazione dei gravi motivi a sostegno del diritto del conduttore sia illegittima.

Avv. Salvatore Esposito