Abbiamo posto l’attenzione su un tema diffuso, in particolare, tra i giovani: il concetto di proprietà e gli incessanti sforzi volti a renderlo quanto più flessibile possibile, in ragione delle esigenze e difficoltà, pratiche ed economiche, che, in relazione all’acquisto di un’abitazione, sono sempre più frequenti.
Lo stesso Notariato ha affrontato, nel corso del suo 56° Congresso Nazionale, tenutosi il 4 novembre 2022, il tema relativo alla “Sharing Economy” nell’ambito del diritto di proprietà dell’abitazione, elaborando proposte e valutazioni destinate a rimodellare la concezione di tale diritto, alla luce delle richieste provenienti, soprattutto, dai giovani.
Nel relativo comunicato stampa, il Notariato si concentra su tre istituti che, ciascuno in base alle proprie caratteristiche, ridimensionano “il tradizionale concetto di proprietà dell’immobile”: il rent to buy, il cohousing e il diritto di proprietà a tempo.
Si tratta di istituti noti, ma riteniamo interessante esaminarne la struttura, onde comprenderne le potenzialità ed i limiti.
Il contratto di rent to buy, consolidatosi da tempo nella prassi della vendita immobiliare, ha trovato la sua collocazione normativa grazie all’entrata in vigore del Decreto Sblocca Italia (D.L. n. 133/2014 convertito in Legge n. 164/2014).
Difforme dal contratto di locazione, dalla compravendita, nonché dal leasing finanziario, il rent to buy consente al conduttore l’immediato godimento di un immobile, con successivo diritto di poterlo acquistare entro un determinato termine e ad un prezzo inferiore: dal costo complessivo di acquisto saranno, infatti, scomputati, in tutto o in parte, i canoni pagati in precedenza.
Il contratto di rent to buy, in sostanza, è un contratto di godimento finalizzato alla successiva, ma comunque eventuale, alienazione di un immobile. Per l’effetto, la proprietà del bene rimane in capo al venditore fino al momento dell’atto definitivo.
Se da un lato l’istituto del rent to buy potrebbe essere considerato una valida alternativa alla compravendita immediata, consentendo al conduttore il godimento del bene senza, tuttavia, obbligarlo all’acquisto, dall’altra parte, così come disciplinato, rischia di svilire l’istituto della proprietà, per come tradizionalmente pensata, nonché di creare un alone di incertezza intorno alle figure del «locatore», «conduttore», «proprietario del bene», «futuro acquirente», e a tutto ciò che concerne le relative obbligazioni, le azioni da questi esperibili, le ipotesi di inadempimento e così via.
Il rent to buy, pertanto, per potersi fare spazio, in maniera efficace, all’interno di un ordinamento dove la proprietà viene concepita come un diritto, in primis, pieno ed esclusivo, necessiterebbe di maggiore chiarezza e certezza, tanto nella disciplina quanto nella sua effettiva applicazione.
Il cohousing, ovvero “coabitazione solidale”, invece, nato in Scandinavia negli anni ’60 e successivamente diffusosi nel resto del mondo, consiste in un “un moderno stile abitativo in coabitazione” e presuppone l’esistenza di abitazioni private, in media di dimensioni inferiori rispetto a quelle ordinarie, alle quali si affianca la presenza di grandi aree comuni, veri e proprio spazi attrezzati destinati all’utilizzo collettivo, come, ad esempio, cucine, lavanderie, palestre e piscine.
In sostanza, si pensa al cohousing come ad una sorta di condominio, dove l’acquisto degli alloggi privati è “regolato dall’atto di compravendita (rogito)” e gli spazi in comune, assimilati agli spazi condominiali, “sono assoggettati a norme e modelli urbanistici esistenti”.
Così introdotto, il cohousing potrebbe rappresentare, per i giovani, una valida alternativa all’acquisto di un immobile “esclusivo” e “privato”, soluzione che, tuttavia, diviene meno appetibile nel momento in cui, nelle persone, cresce la volontà, e talvolta necessità, di ottenere maggior libertà, privacy ed esclusività.
Il cohousing, in aggiunta, limita notevolmente il diritto assoluto di proprietà, così come concepito nel nostro ordinamento, considerato che, alla base dell’istituto, vi è la presenza di aree e beni che i cohousers devono amministrare e condividere tra loro.
Nella proprietà a tempo, da ultimo, come chiarito dal Notariato, il diritto di proprietà “viene trasferito solo per un periodo di tempo predeterminato convenuto d’accordo tra le parti”.
In realtà, il nostro codice già ammette talune ipotesi di proprietà a tempo: si pensi, ad esempio, alla proprietà superficiaria a termine, alla proprietà oggetto di un legato sottoposto a termine iniziale, alla donazione con patto di reversibilità.
In sostanza, in tutti questi casi, a seguito della scadenza di un termine, il diritto di proprietà cessa di esistere in capo al suo originario titolare e viene trasferito ad un altro soggetto.
La proprietà temporanea, pertanto, è una proprietà soggetta ad un termine finale, con l’effetto reale per cui, alla scadenza di tale momento ed in virtù di un fatto antecedente, si verifica il trasferimento. C’è chi afferma, pertanto, che “chi ammette la proprietà temporanea”, di conseguenza, “ritiene che non sussista una questione di temporaneità del diritto di proprietà, bensì solo del godimento, vale a dire dell’esercizio dei poteri connessi alla titolarità del diritto in questione”.
Così riflettendo, non ci sarebbe alcuna discussione circa la durata in sé del diritto reale, bensì della sola facoltà di godimento e di disposizione del bene.
Ciononostante, così come il cohousing, la proprietà temporanea viene considerata una contraddizione con quanto tradizionalmente concepito all’interno del nostro ordinamento, nel quale il concetto di proprietà è caratterizzato dai connotati di pienezza, esclusività, elasticità, imprescrittibilità e perpetuità.
In conclusione, a nostro avviso, le considerazioni a cui è giunto il Notariato sono condivisibili, in quanto sebbene i tre istituti in esame consentano di riformare, in una certa misura, la concezione del diritto di proprietà abitativo, è anche vero che, regolamentati in tal senso, danno origine ad una proprietà transitoria, in contrasto con quella disciplinata nel nostro codice civile e, forse, con la nostra mentalità.
Avv. Marta Cobianchi
Dott.ssa Alessandra Mazzocchi